fonte: il Mattinale
Il buon uso che faremo della fiducia.
Ottenuta questa fiducia, dovremo utilizzarla al meglio. Siamo i primi, e in questo momento gli unici, a saperlo: poiché solo la nostra è e si è dimostrata forza di governo. Forza cioè dotata di un leader, di una classe dirigente e soprattutto di un programma.
Dunque è doveroso precisare come impiegheremo la fiducia ottenuta; come intendiamo arrivare fino al 2013, termine naturale della legislatura. Per poi presentarci al corpo elettorale con nuove credibili chance di vittoria.
Ciò che faremo si articola in quattro punti, che l’opinione pubblica conosce perché – a differenza della sinistra – noi abbiamo un programma.
· Decreto con misure per lo sviluppo. La crescita è ora diventata la priorità dell’economia, per l’Italia e per tutti gli altri paesi, così come il rigore dei conti è stata la priorità del triennio precedente. Dovrà essere un pacchetto-sviluppo vero e credibile, cioè rispondente non solo a ciò che chiedono i mercati che ci giudicano di giorno in giorno e di ora in ora, ma soprattutto apprezzato dalle forze sociali, dai lavoratori, dai giovani e dalle imprese.
· Dello sviluppo parte integrante sarà la riforma fiscale. Non dimentichiamo che la delega è già stata inserita e approvata con la manovra di agosto. La riforma fiscale dovrà portare ad un alleggerimento complessivo della pressione fiscale, che a questi livelli non è tollerabile per le famiglie e le imprese. I contribuenti onesti fanno del resto il loro dovere, così come l’amministrazione del fisco: è di stamani la notizia di un nuovo incremento nelle entrate tributarie con un più 1,7% nei primi otto mesi 2011. Ma non si può e non si deve dare la sensazione di un fisco che si basa solo sulla lotta all’evasione – che è giustissima – né tanto meno sull’oppressione. Il nostro fisco deve essere riformato, alleggerendo il numero di agevolazioni e spesso di abusi soprattutto sul terreno della previdenza, per far pagare meno imposte dirette ai cittadini e alle aziende. Ed anche questi interventi non dovranno limitarsi a tagli lineari, ma valutando nel merito. E’ quanto del resto ci chiede anche l’Europa, e ha ricordato ieri la Banca d’Italia.
· Riforma dell’architettura dello Stato, della quale il federalismo è già una parte principale, mentre manca ancora l’altro aspetto: poteri del primo ministro, divisione dei compiti tra Camera e Senato per mettere fine ad un bicameralismo perfetto che porta a ritardi e lentezze nell’approvazione delle leggi e nel meccanismo decisionale; riduzione netta del numero dei parlamentari; abolizione delle province. Tutto questo per mantenere fede all’impegno di risparmiare sui costi della politica e, assieme, di migliorare l’efficienza della cosa pubblica.
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