domenica 18 dicembre 2011

Fornero apre ai giovani: «Basta contratti precari»

 Nessuno dubita che passerà al Senato. Il Corriere della Sera, domenica 18 dicembre, ha provato quindi a tirare le somme con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, economista, torinese, 63 anni. «Col decreto 'salva Italia' ci siamo trovati in emergenza» ha spiegato il ministro. Nei decenni passati erano state fatte riforme «tutto sommato buone», ma è come «se le avessimo accantonate proprio perché eccessivamente graduali». Questa volta la riforma «non poteva che essere forte». La priorità è stata quella «di mandare un segnale deciso all'Europa sulla nostra capacità di riequilibrare il sistema secondo equità intergenerazionale».

EQUITÀ SUL FRONTE PRIVILEGI. Il governo è intervenuto «sui regimi speciali (elettrici, telefonici, trasporti, dirigenti d'azienda, ndr), attraverso un contributo di solidarietà». Inoltre, per i lavoratori autonomi, «che godevano di pensioni generose in rapporto ai contributi versati», l'esecutivo «ha previsto un aumento graduale degli stessi fino al 24%». Infine c'è «l'inasprimento del contributo di solidarietà sulle pensioni sopra i 200 mila euro», che il ministro avrebbe «voluto più alto del 15%».

IL CASO MILITARI E MAGISTRATI. «Per questi c'è un rinvio», ma solo «per approfondire le specificità dei loro ordinamenti». Nessuno «si illuda che non interverremo». Stessa cosa per le casse «dei professionisti. Lo so che qui dentro c'è buona parte della classe dirigente, ma sicuramente procederemo». Entro giugno, se non saranno le stesse casse ad autoriformarsi? «Il termine iniziale era il 31 marzo». E francamente «ci sembrava più che sufficiente, visto quello che abbiamo fatto in 20 giorni sul sistema che riguarda tutti gli italiani. Alla fine hanno invece ottenuto tre mesi in più. Ma insomma...». Il ministro non teme ostruzionismo: «Sappiamo che tutti o quasi questi regimi non sono sostenibili nel lungo periodo. Prima o poi non avranno i soldi per pagare le pensioni». Senza interventi «finisce come con l'Inpdai (dirigenti d'azienda, ndr): sotto l'ombrello del soccorso pubblico. Vorrei evitare che questa storia si ripetesse».

«Il lavoro è ciò che ti da la pensione»

Alla Camera il governo ha accolto un ordine del giorno che ha chiesto di togliere la penalizzazione (1-2%) per chi ha cominciato a lavorare giovanissimo e va in pensione dopo 42 anni. La correzione potrebbe finire nel decreto milleproroghe. Fornero sempre al Corriere della Sera ha detto che secondo lei «un briciolo di penalizzazione deve restare, perché è la logica del contributivo». Se si va «in pensione prima di 62 anni ci vuole un minimo di disincentivo», perché «non dobbiamo venir meno al principio che la pensione si commisura alla speranza di vita».

«UNA RIFORMA STRUTTURALE». Ma con questa crisi, anche occupazionale, ha senso tenere le persone al lavoro, in prospettiva, fino a 70 anni? «Siamo tutti concentrati sulla contingenza, ma questa è una riforma strutturale». Per funzionare «ha bisogno di un sistema in crescita. Non ci possiamo permettere la stagnazione e tantomeno la recessione». Il punto è: «Il lavoro è ciò che ti dà la pensione. Un buon lavoro ti dà una buona pensione». Il messaggio è: «Non vi stiamo tagliando la pensione» al netto del blocco della perequazione dovuto all'impegno al pareggio di bilancio nel 2013 «ma vi stiamo chiedendo di lavorare di più, perché questo vi premia».

IL RISCHIO DI LAVORARE FINO A 70 ANNI. Sul fatto che le imprese potrebbero tenere personale fino ai 70, Fornero ha ribadito che «qui tocchiamo una anomalia del nostro sistema». La previdenza è stata troppo spesso «un ammortizzatore sociale», per cui tutte le riorganizzazioni d'impresa «sfociano in prepensionamenti». Accade perché se «guardiamo alla curva delle retribuzioni», lo stipendio sale con l'anzianità mentre in altri Paesi «cresce con la produttività» e quindi fino «all'età della maturità professionale» ma poi «scende nella fase finale, perché il lavoratore anziano è di regola meno produttivo». Da noi «non è così» e questo fa sì che le aziende «risolvano il problema mandando i dipendenti più anziani e costosi in prepensionamento». Anche i lavoratori «hanno la loro convenienza con la pensione anticipata». E lo Stato «copre questo patto implicito tra aziende e lavoratori anziani a scapito dei giovani». Se «vogliamo fare la riforma del ciclo di vita, è proprio per rompere questo patto: non ce lo possiamo più permettere».

Il problema dei giovani

Ma come può il governo intervenire sulla dinamica retributiva, materia della contrattazione? «La riforma delle pensioni» per il ministro «deve accompagnarsi a quella del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali e, anche se non è di mia competenza, della formazione». Sono tutti aspetti di un disegno «di riforma del ciclo di vita». Certo che la contrattazione «è materia tra le parti. Ma noi vogliamo presentare a esse le nostre analisi e spingerle non a ridurre i salari, ma a riflettere sulla necessità di avvicinarli il più possibile alla produttività».
Titubante sulla trattativa del mercato che dobrebbe cominciare entro il 31 dicembre: «Forse non ce la faremo, perché vorrei presentarmi alle parti con delle analisi approfondite sulle diverse questioni».

DISOCCUPAZIONE UNDER 30. Sicuramente, tra queste, c'è quella giovanile, come ci ha ricordato l'Istat: il 40% dei disoccupati ha meno di 30 anni e chi lavora, ha quasi sempre contratti precari. «Giovani e donne sono i più penalizzati perché la via italiana alla flessibilità ha riguardato solo loro, risparmiando i lavoratori più anziani e garantiti. Sono rimasta molto colpita nel sentire i pensionati che si lamentano perché devono mantenere anche i nipoti. Questo è un ciclo perverso. Non è possibile che la pensione di un nonno debba mantenere dei giovani né che questi si adagino su una prospettiva di vita bassa».

«SERVE UN CONTRATTO VERO». «Penso che un ciclo di vita che funzioni è quello che permetta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all'inizio della vita lavorativa e quindi hai bisogno di formazione» e dove «parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività». Insomma «io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto».

I sindacati: «Non toccate l'articolo 18»

Sul veto dei sindacati di toccare l'articolo 18, il ministro ha affermato: «Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: 'Non voglio vincere contro mia figlia'. Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli. Ora non voglio dire che ci sia una ricetta unica precostituita, ma anche che non ci sono totem e quindi invito i sindacati a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte».
Il presidente del Consiglio ha detto che le nuove regole si applicheranno solo ai futuri assunti. «Certamente penso ci voglia maggiore gradualità nell'introduzione delle nuove regole rispetto a quanto abbiamo fatto sulle pensioni».

DONNE PENALIZZATE. Oltre ai giovani, le donne sono molto penalizzate. «Sono anche ministro delle Pari opportunità, che non considero figlie di un dio minore». Sulle donne bisogna «invertire la logica delle compensazioni. Non vogliamo queste, ma la parità. Quando sento dire 'io lavoro molto e poi devo anche occuparmi di mio marito e della casa' dico che le famiglie condividono ancora troppo poco i lavori di cura».

BONANNI: «LA MANOVRA POTEVA FARLA MIO ZIO». Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha detto che «una manovra del genere avrebbe potuta farla anche suo zio che non sa nulla di economia». «Lascio a Bonanni il suo giudizio. Vorrei invitarlo a discutere delle cose che stanno in questa manovra e penso di avere la presunzione di poterlo convincere che l'equità c'è, magari non quanto lui vuole, e il rigore c'è, e non ne potevamo fare a meno, pena la messa a rischio dei risparmi degli italiani e il non pagamento delle tredicesime».

SICUREZZA DEL LAVORO. In Italia ci sono ancora troppe morti bianche. «Non ci può essere tolleranza soprattutto in una fase di crisi dove magari qualcuno può pensare che è meglio un lavoro anche non sicuro che niente». Agli ispettori del ministero «ho detto che devono andare nelle imprese come amici e collaboratori ma anche con intransigenza piena».

LE LACRIME CHE HANNO FATTO DISCUTERE. Infine sulle lacrime in diretta, Fornero ha concluso dicendo che «è stata una commozione dovuta alla tensione». Può sembrare che «io sia una donna dura, ma non è così». È successo che «quando dovevo dire la parola sacrifici mi si è soffocata in gola, anche perché in quel momento ho pensato ai miei genitori, che di sacrifici ne hanno fatto molti».

Nessun commento:

Posta un commento