Alfano: premier preparato e arguto, ma batta i pugni sul tavolo in Europa
Tutti a pranzo da Monti domani (oggi per chi legge), «a parlare di Europa». Per la prima volta Alfano andrà a palazzo Chigi per sedere a fianco di Bersani e Casini. È la fine degli incontri nel tunnel per i tre leader politici, ma non è l' inizio di una «grande coalizione», come vorrebbe il premier. Perché il segretario del Pdl continua a confinare l' attuale maggioranza nel recinto delle virgolette: «Con Casini il rapporto è di antica frequentazione. Con Bersani invece è circoscritto a questa fase, durante la quale sono già emersi - a partire dalla manovra finanziaria - approcci e opinioni differenti. Sostenere lo stesso esecutivo non ci ha fatto cambiare idea». La divergenza più evidente è nell' analisi della crisi e nel primo consuntivo sull' operato del gabinetto tecnico: «Siamo al secondo mese della gestione Monti - dice Alfano - e dopo due mesi la borsa continua ad andar giù e lo spread a restare su. È la prova che il problema non era il governo Berlusconi, così come la colpa non può essere oggi ascritta al suo successore. Tuttavia è evidente che la credibilità di Monti sui mercati internazionali e in Europa non è stata sufficiente a evitare il declassamento dell' Italia. L' auspicio di ogni persona responsabile è che il governo riesca a centrare dei risultati. Perché è su questo che verrà misurato, sulla capacità cioè di raggiungere gli obiettivi che si era prefisso: arginare la crisi e favorire la crescita». Berlusconi sostiene che «finora i risultati sono stati nulli» e che «la durata della legislatura dipenderà dall' andamento dell' economia»: c' è dunque il rischio di elezioni anticipate? «Un esecutivo che non è stato eletto dai cittadini si regge sugli obiettivi che intende conseguire. All' atto di nascita del governo Monti, il Pdl non ha posto scadenze. Ritenevamo e riteniamo più serio e responsabile ancorare il senso di questa esperienza ai risultati». Il ministro Fornero ritiene che «la sberla» sul rating di Standard & Poor' s «rallenta il recupero». Insomma, dovrete essere comprensivi... «Lo siamo da tempo. Perché siamo in presenza di un problema che si verificava quando c' era Berlusconi a palazzo Chigi. Solo che allora non si poteva dire ciò che oggi il ministro Fornero può dire. Però, piuttosto che recriminare, guardiamo avanti. Chiediamo a Monti di agire, di battere i pugni sul tavolo in Europa, di far valere la posizione italiana, di non accontentarsi di gentili e affettuose dichiarazioni di stima che purtroppo non ci risparmiano il downgrading». Si riferisce a Merkel e Sarkozy? «Il presidente francese mi pare abbia smesso di ridere e forse ha iniziato a piangere di sé. Quanto al cancelliere tedesco, ricordo che ha la responsabilità di guidare un Paese fondatore dell' Unione, e che deve prendere una decisione: può favorire il processo di unificazione europeo o asfissiarlo con un egoismo nazionale che sarebbe legittimo, ma che non le darebbe un profilo da statista internazionale. Ecco perché Monti - che ha il compito di rappresentare l' Italia - deve preoccuparsi relativamente dei sacrifici che gli vengono chiesti da quanti pensano al proprio tornaconto nazionale. Lui deve puntare a fare gli interessi italiani, provando a farli coincidere con gli interessi europei, non con quelli di Merkel e Sarkozy». Com' è il rapporto con il presidente del Consiglio? «Ottimo. È persona preparata e arguta». Anche tagliente con Berlusconi, visto le recenti stilettate. A proposito: secondo lei, le «mani in tasca agli italiani» sono messe dal governo con le tasse, o dagli evasori che le tasse non le pagano? «Sull' evasione fiscale, vorrei prima smentire una falsità, sorreggendomi su fatti e non su battute. Nel 2008 - quando il governo di centrodestra entrò in carica - il dato del riscosso è stato la metà di quanto raccolto quando Berlusconi se n' è andato. In tre anni, insomma, abbiamo raddoppiato l' incasso. Chiaro? Poi, a voler essere precisi, è il governo a mettere direttamente le mani in tasca ai cittadini. Gli evasori lo costringono a farlo. Certo, un governo può scegliere di aumentare le tasse o tagliare la spesa inutile. Noi riteniamo si debba puntare sulla crescita, scegliendo - ove possibile - la strada dei tagli piuttosto che quella delle tasse». Il rapporto con Monti sarà anche «ottimo», ma avete capito se il suo resterà un governo di tecnici, o ci sono dei tecnici che si preparano a diventare politici? «Noi abbiamo votato un esecutivo di tecnici. Se qualcuno, dopo soli due mesi, invece di badare all' interesse generale si è già messo a caccia di poltrone, andiamo bene... Comunque, non temiamo la competizione politica. Se qualcuno ha queste mire lo dica, e se ne assuma la responsabilità confrontandosi alla luce del sole. In modo che i partiti che sostengono il governo possano liberamente decidere se continuare a sostenere un governo che si propone di diventare partito, oppure no». Se è vero che Monti ha già fatto sapere di non volersi candidare, chi si cela dietro quel «qualcuno» che ha ripetuto con tanta insistenza: il superministro Passera, per caso? «È una questione di etica comportamentale che non riguarda un singolo. Ricordo solo che i ministri tecnici stanno al governo grazie ai nostri voti in Parlamento. I target dell' esecutivo sono prestabiliti e ci attendiamo provvedimenti che servano a raggiungerli. Aspettiamo, per esempio, che Monti presenti un piano per l' abbattimento del debito. E su questo tema il Pdl contribuirà con una propria proposta». Intanto si parte con le liberalizzazioni. «Sullo slogan siamo tutti d' accordo: viva le liberalizzazioni. A patto però che siano utili alla crescita e ai cittadini, garantendo una migliore qualità dei servizi a minor costo. Eppoi il processo va avviato per ordine di importanza: perciò vengono prima le grandi reti, le autostrade, il sistema bancario. E alla fine i farmacisti e i tassisti. Così saremmo credibili». Lei ha incontrato Monti, assieme ai capigruppo del Pdl: lo avete convinto sulle priorità? «Il presidente del Consiglio ci è parso condividere il nostro approccio. La prossima settimana leggeremo il decreto». Allora si ripeterà il copione della manovra: il governo si presenterà in Parlamento, porrà la fiducia sul provvedimento, e ai partiti toccherà prendere o lasciare. «Intanto, già sulla manovra siamo riusciti a modificare alcune parti del testo. Quanto alle liberalizzazioni, anche in questo caso, gli aspetti che noi del Pdl non condivideremo, proveremo a cambiarli in Parlamento. Con la consapevolezza che i nostri sono i gruppi di maggioranza relativa, tanto alla Camera quanto al Senato». Avreste bisogno dell' appoggio di Pd e Udc per far passare i vostri emendamenti. Questo vuol dire che l' abc della politica esiste davvero? Che c' è un asse tra Alfano, Bersani e Casini? Sulla modifica della legge elettorale, per esempio, era parso possibile un accordo. Poi è arrivato Berlusconi e ha detto che il «porcellum» - magari un po' ritoccato - va sempre bene. «L' attuale modello ha un grande pregio, perché garantisce la governabilità. Ma ha dei limiti nella modalità di elezione dei candidati e nell' assenza di un premio di maggioranza nazionale al Senato. Io penso che del sistema vigente dovremmo salvare i pregi ed eliminare i difetti. Perché dietro i vari progetti di riforma vedo sempre il tentativo di rimettere indietro le lancette dell' orologio, di tornare alla Prima Repubblica, cancellando il diritto dei cittadini a indicare il premier. Il Pdl non è disponibile». Quale Pdl? Il partito che si affanna su congressi e primarie, mentre si avvicinano le Amministrative e non si sa ancora se sarà alleato dell' Udc o della Lega? «Di sicuro non rimarremo da soli. Troveremo le alleanze sul territorio, in base alle esigenze delle singole comunità. Non ci sono schemi precostituiti a livello locale». Questo schema però non potrà valere a livello nazionale: che fine farà l' alleanza con la Lega? «È un rapporto che non intendiamo disperdere e che può essere tenuto vivo grazie alle tantissime amministrazioni del Nord dove governiamo insieme». Il rapporto sarà con la Lega di Bossi o con quella di Maroni? «Non è mia abitudine entrare nelle dinamiche di altri partiti. E comunque mi pare che le tensioni si vadano superando». Hanno litigato sul «caso Cosentino», altro deputato del Pdl - dopo Papa - per il quale era stato richiesto l' arresto. «Il fatto che la Camera abbia respinto la richiesta della procura non ha bloccato il corso della giustizia, poiché l' inchiesta andrà avanti e alla fine i giudici saranno liberi di assolvere o condannare Cosentino. Il Parlamento non ha negato l' arresto dopo una sentenza, ma prima di un processo».
Fonte: "Il Corriere della sera"
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